Heart of the Sea, la recensione del film su Netflix

Adattamento cinematografico di Nel cuore dell’oceano – La vera storia della baleniera Essex, scritto da Nathaniel Philibrick nel 2000, Heart of the Sea (trailer), diretto da Ron Howard, è un blockbuster in 3D che vorrebbe interrogarsi sul conflitto tra uomo e uomo, uomo e natura e uomo contro se stesso, senza mai riuscire ad approfondire i tre aspetti e risultando, in ultima istanza, un film senza anima.

Nel 1820 la baleniera Essex guidata dal capitano William Pollard (Benjamin Walker) e dal primo ufficiale William Chase (Chris Hemsworth) viene affondata in seguito all’attacco di un gigantesco capodoglio. Anni dopo Hermann Melville (Ben Whishaw) si reca alla casa di Thomas Nickerson (Brendan Gleeson),ultimo sopravvissuto ancora in vita dell’equipaggio, per farsi raccontare quello che è realmente accaduto. La storia ispirerà il suo capolavoro: Moby Dick

Ron Howard si pone fin da subito in continuità tematica con i precedenti Frost/Nixon e Rush. Ritorna lo scontro tra due diverse personalità: quella del primo ufficiale Owen Chase, baleniere esperto, sicuro di sé e talentuoso e quella del capitano William Pollard, figlio di una famiglia di comandanti di baleniere, insicuro e inesperto. Un conflitto che è anche scontro di classe visto che il primo è un galeotto figlio di agricoltori che si vede sottratto il ruolo di capitano che gli era stato promesso, in una chiara negazione del sogno americano. E ritorna quell’ossessione che porta gli uomini a spingersi oltre i propri limiti, così come tornano l’arroganza e l’avadità. A unirli, loro malgrado, è il compito assegnato: riempire i barili di olio di balena. Per realizzarlo devono andare per mare, cacciare le balene e scontrarsi con la Natura. Una Natura tanto bella quanto terribile, che ammalia e uccide. 

Se gli spunti sono interessanti, nulla viene mai approfondito e tutto rimane a un livello di estrema superficialità. I personaggi restano bozzettistici e inconsistenti: dai due protagonisti al Thomas Nickerson che racconta la vicenda (e la sua controparte giovane) fino a Melville. Non basta qualche scena di dialogo per entrare nel merito sia dello scontro tra Chase e Pollard, sia di quello tra i membri dell’equipaggio, che finiscono così per perdersi tra le numerose, troppe, ellissi temporali del racconto, per poi ritornare sporadicamente ma senza nerbo. Né sono sufficienti le rivelazioni che Nickerson e Melville si fanno a vicenda per giustificare la loro presenza all’interno del film che non sia quella legata alla domanda: come facciamo a raccontare questa storia? (E si sa che spesso la scelta di narrare in flashback è per gli sceneggiatori una soluzione di comodo). A venire meno è quindi anche un ulteriore aspetto che avrebbe meritato maggiore approfondimento: quello sulla genesi del romanzo Moby Dick e sull’ossessione di Melville di venire a conoscenza della vera storia del naufragio. E il film appare costantemente incerto tra l’approfondimento psicologico del singolo e la coralità, inserendosi in una zona di mezzo che certo non aiuta lo spettatore ad empatizzare con i personaggi.

È proprio questa mancanza di empatia che porta il pubblico a non appassionarsi mai alla vicenda. Resta, invece, nell’indifferenza più totale di fronte a quella che si configura come un’esperienza ai limiti dell’umano che va dall’attacco della Balena (associabile più a King Kong che al Leviatano, nel suo essere simbolo della ribellione contro l’avidità a cui porta il capitalismo, e non del caos o del Male), agli stenti della fame fino al cannibalismo. E gli attori (soggetti a una dieta ferrea di 500-800 calorie al giorno) non aiutano, da un Chris Hemsworth più prestante che bravo per giungere a un Benjamin Walker a tratti ridicolo. Va detto che la banalità di certi dialoghi non li ha messi in una posizione ottimale (<<Quale offesa abbiamo fatto a Dio per infuriarlo tanto?>>…<<La sola creatura che ha offeso Dio qui è la balena>>…<<Noi no?>>). Quello che resta, alla fine, sono gli ottimi effetti digitali, inclusa la balena realizzata in CGI e le sequenze degli attacchi. Mentre Howard adotta una regia classica incapace di dare epicità a una storia che avrebbe meritato ben altro trattamento, aspirando al mito senza mai raggiungerlo veramente.

Uscito nel 2015, realizzato con un budget di 100 milioni di dollari, Heart of The Sea ne ha incassati nel mondo circa 90. Un vero e proprio insuccesso per un blockbuster ricco di spunti e temi, ma incapace di andarvi affondo, dove tutto si perde e che alla fine lascia la sensazione dell’occasione persa.

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