Erased, la recensione della serie su Netflix

Erased (trailer) è un anime tratto dal manga di Kei Sanbe, prodotto da A-1 Pictures (Sword Art Online, Fairy Tail), diretto magistralmente da Tomohiko Hito e dal direttore delle animazioni Keigo Sasaki. Nato nel 2016, appare sul catalogo Netflix solo nel 2018. È un buon anime drammatico, a tratti sovrannaturale, che riesce a generare una forte suspense nello spettatore.

È la storia di Satoru Fujinuma, un ventinovenne che lavora part time come fattorino per una pizzeria. Satoru possiede un incredibile potere da lui chiamato revival, può di fatto tornare indietro nel tempo per qualche minuto in modo da evitare incidenti e salvare delle vite. Solo dopo l’assassinio della madre, di cui viene accusato, farà un revival diverso, che lo porterà indietro di diciotto anni, ai giorni passati a scuola. Dovrà impedire che una serie di uccisioni avvengano ai danni di alcuni studenti in determinate date, si improvviserà investigatore e si farà aiutare da alcuni sui compagni di classe per scovare l’assassino ed evitare così quei terribili delitti che lo hanno segnato per tutta la vita.

Kayo Hinazuki, bimba con una vita familiare difficile, oppressa degli abusi della madre, introversa e isolata dai compagni di classe, è la perfetta vittima e Satoru è pronto a tutto pur di salvarla. È il suo scopo, il suo riscatto per soddisfare, oltretutto, il suo desiderio infantile di essere un eroe. Dovrà risolvere la questione con la coscienza di un adulto nel corpo di un bambino.

Lo show è ben animato e curato, dal simbolismo dei colori dove il rosso sta a rappresentare un pericolo incombente, o da animazioni lente per i momenti dolci e veloci per quelli di massima tensione. In Erased è centrale il rapporto fra i personaggi, nelle inquadrature il loro avvicinarsi fisico si tramuta in metafora di quello emotivo. Inoltre, la regia propone un esperimento grafico interessante come quello dell’uso del cinema scope per definire il passato, contrapposto al full screen del presente. Il tema del cinema lo si trova anche nell’uso dell’immagine della pellicola di cellulosa proposta nella sigla e nell’introduzione a un revival.

Ciò che manca, però, è un maggior approfondimento sui villains, probabilmente dovuto al residuo numero di episodi (solo 12). Il finale, anche per questo, risulta frettoloso e poco soddisfacente. Inoltre, il tema del viaggio nel tempo non viene spiegato, diventa solo marginale e funzionale allo svolgimento della trama. Depistare lo spettatore sull’identità del killer non fa parte degli interessi principali della serie, e le significative inquadrature in penombra, l’uso del colore rosso e delle fortuite coincidenze, ne sono una dimostrazione. Questo passa in secondo piano rispetto a mostrare che il male si nasconde fra le pieghe della vita quotidiana. Erased non è propriamente un giallo, ma riesce a costruire perfettamente la tensione e il dramma umano. 

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