Becoming – La mia storia, la recensione del docufilm su Netflix

Su Netflix: Becoming - la mia storia

“Siamo tutti uguali, con storie semplicemente diverse”. Potrebbe essere questo lo slogan di partenza di Becoming – La mia storia (trailer) , docufilm a tema autobiografico dell’ex First Lady Michelle Obama. Dopo la stesura del libro omonimo uscito nel 2018, tramite questo documentario è concesso uno sguardo diretto su quello che viene raccontato in molte delle pagine su carta.

Il lungometraggio, approdato su Netflix con la regia di Nadia Hellgren, mostra quello che si è celato dietro la vita apparentemente calibrata e composta di una delle figure più importanti d’America. Proprio per questo Becoming – La mia storia enfatizza con tutto il suo ardore quanto Michelle Obama sia diventata un’icona leggendaria ed un modello da seguire nel mondo, svelando i retroscena di un percorso ad ostacoli non del tutto facile e roseo.

Il film si avvia con l’ex First Lady che si carica con della buona musica in macchina, mentre raggiunge la presentazione a Chicago del suo libro, prima delle trentasei tappe del tour promozionale. Da qui, Michelle si confronterà con varie interviste attraverso alcuni personaggi noti quali Oprah Winfrey, Reese Witherspoon, Conan. Comincia poi il resoconto del suo passato e del suo essere diventata quella che è oggi, con tutte le difficoltà e le angustie che un personaggio del genere deve affrontare per poter essere qualcuno di un certo livello. Comincia così a delinearsi Michelle: una donna altruista,  con una grande forza d’animo ed estremamente carismatica ed intelligente. Ma mentre la diegesi prosegue, iniziano ad intrecciarsi i lati più intimi e nascosti dell’ex First Lady, arrivando a mostrare anche quelli più fragili e pieni di preoccupazione, lanciando infine messaggi di speranza.

E’ il tour promozionale del libro il cuore pulsante di tutto il film. La vita di Michelle Obama viene così scaglionata in tre parti, che si potrebbero identificare anche come macro-aeree principali: le interviste sui palchi, i ricordi del passato e la sua vita “dietro le quinte”. Seguendo questi tre fili conduttori, Michelle ha la sua occasione per dimostrare quanto una donna e la sua storia possano valere a riflettori spenti.

La macchina da presa si infiltra nella vita dell’ex First Lady ed attraverso inquadrature spesso anche molto intime ed alcuni scatti fotografici concernenti la sua famiglia e la sua adolescenza, esplora quello che è il vissuto della sua grande esperienza, scavando a fondo ed entrando nella dimensione delle emozioni percepite fin dentro le ossa. Il documentario tocca una serie di tematiche che al giorno d’oggi assumono un valore ancor più importante perché sono il risultato di un passato che si è cercato a tutti i costi di eclissare e che grazie anche agli Obama può essere un ricordo di ciò che è stato e ci si augura non sarà più.

Uno fra questi, forse il principale, è quello del razzismo. Michelle racconta l’esperienza del nonno, quanto volesse essere qualcuno ma che per problemi di “colore di pelle” fu messo fra gli ultimi. Oppure di come si sentì quando la sua coinquilina all’università andò via perché la madre non voleva stesse “with the black people”. La vittoria di Barack Obama infatti segna un’era nella storia degli americani e non solo, il superamento – almeno in parte – dei sintomi di un razzismo che ha lasciato troppe vittime dietro di sé.  Proprio per questo spesso le inquadrature e le scene prediligono le donne afroamericane, scelta probabilmente fatta per mostrare che il colore della pelle non condanna chi sei e che gli obiettivi si possono raggiungere indipendentemente da chi siano gli ascendenti e da dove provengano.

Su Netflix: Becoming, la mia storia

Da questo si veicola un altro punto significato del quale Michelle Obama vuole a tutti i costi far valere attraverso la voce delle sue parole: quello dell’uguaglianza. L’uguaglianza fra bianchi e neri, ma ancor di più l’uguaglianza fra marito e moglie, senza disparità di sessi. Lei ne dà dimostrazione confidando di aver dovuto spingere se stessa al limite per poter essere all’altezza di stare con il marito e non sentirsi inferiore, ma donna allo stesso livello di un uomo. Uguale seppur diversa.

La Obama, infine, arriva a trattare un argomento fondamentale nella civiltà contemporanea, ovvero quello dei mass media. La distorsione che ne deriva, l’obbligo di dover dire la cosa giusta, nel mondo giusto, al momento più adatto e quanto un minimo gesto possa stravolgerne il significato reale. La potenza della comunicazione e di come gli altri vogliono farti apparire è un tema ancora molto caldo ed anche per certi versi disastroso, perché non solo rovina l’immagine ma provoca anche grandi cambiamenti. E lei ammette di esserne la prova.

Becoming – La mia storia lascia però gli approfondimenti nell’ombra. L’ex First Lady preme molti altri pulsanti interessanti della sua vita privata, lasciandoli però a metà. Dà alcune spiegazioni, altre le lascia alla libera fantasia di chi la ascolta, chiedendosi come sia andata a finire una situazione o l’altra. Probabilmente l’unica pecca di tutto il documentario che gli dà una forma poco lineare e chiara.

Si dimostra però essere all’altezza, sicuramente, delle aspettative di chi ha sempre visto in lei un grande uragano portatore di coraggio e autostima. Quello che è limpido vedendo il film è che Michelle Obama crede nel cambiamento del mondo, nella bontà delle persone e nella forza che spinge un individuo a lasciare un’ impronta nella sua vita, abbattendo le barriere e superando qualsiasi etichetta.

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