Frances Ha, la recensione del film su Amazon Prime Video

Frances Ha

Frances Ha (qui il trailer), settimo lungometraggio di Noah Baumbach, è il ritratto di una ventisettenne alla ricerca del proprio posto nel mondo, alle prese con un difficile percorso di crescita e confinata in un limbo tra adolescenza e maturità.

Frances Halladay (Greta Gerwing), un’aspirante ballerina, vede crollare il suo mondo nel momento in cui la sua coinquilina e migliore amica Sophie (Mickey Sumner) decide di trasferirsi a Tribeca. Inizierà a spostarsi di appartamento in appartamento conoscendo nuove persone – Benji (Michael Zegen) e Lev (Adam Driver)- e facendo i conti con delusioni professionali e problemi economici, alla costante ricerca di un’equilibrio e di un posto in cui stare.

La protagonista viene definita più volte dal suo amico Benji “undateable”:  il termine si riferisce al fatto che lei non sembra essere fatta per il fidanzamento. Frances non è idonea alla vita di coppia, e, per estensione, ciò indica la sua difficoltà ad inserirsi nei meccanismi sociali. La ragazza si sente sempre inadeguata ed emarginata: rifiuta i compromessi in un mondo dove tutto è codificato e definito; non sembra essere in grado di prendere decisioni e assumersi delle responsabilità; non sembra riuscire a fare l’ultimo passo per entrare nella fase adulta e a rinunciare all’adolescenza (ad esempio preferisce restare a vivere con Sophie piuttosto che con il suo ragazzo).

Frances è l’opposto della sua migliore amica, la quale ha paura di ritrovarsi marginalizzata, ha una maggiore inclinazione per il compromesso, accetta la vita relazionale con tutte le limitazioni che questa comporta. Sophie è fidanzata con un uomo, Patch (Patrick Heusinger) e insieme a lui si trasferirà a Tokyo per lavoro. Frances, quasi una Annie Hall degli anni 2000, diventa la rappresentazione di un’intera generazione che non ha più certezze, fragile, instabile e in perenne movimento. Il film è diviso in capitoli che hanno per titolo i vari indirizzi in cui lei va ad abitare. Vediamo correre la protagonista per le strade di New York (straordinariamente fotografata in bianco e nero da Sam Levy) accompagnata dalla canzone Modern Love di David Bowie (citazione al film Rosso sangue di Leos Carax).

In un mondo dove tutto deve essere preciso, controllato e regolato non può che essere l’alcol (quasi fossimo in un film di Hong Sang-soo) a distruggere le difese dei personaggi e a far emergere i loro veri sentimenti: è quello che accade a Sophie, che  ritornata a New York, da Tokyo, per il funerale del nonno di Patch, si ubriaca e, indifesa, fa emergere tutta l’insoddisfazione nei confronti della sua vita (dirà che che il fidanzato è uno scemo e che suo nonno era un nazista). Quello di Baumbach è un film che si muove insieme alla sua protagonista, secondo una scansione spaziale che trova il proprio culmine nel viaggio a Parigi. Quella Parigi che è la capitale dell’amore ma che, per Frances, non diventerà altro che un’ulteriore negazione delle sue aspettative. Un viaggio triste, marcato dalla solitudine, dove tutto il senso del disagio esistenziale della protagonista viene sottolineato, per contrasto, dalla canzone americana Every 1’s a winner (molte delle canzoni presenti nel film sono francesi).

Eppure Frances una cosa la sa, ovvero quello che vorrebbe da una relazione: uno scambio di sguardi, ad un festa, e il riconoscimento che colui che si sta guardando è la persona con la quale si vorrebbe condividere la propria vita. Uno scambio di sguardi che non potrà che instaurarsi tra lei e Sophie. Frances la considera sé stessa, ma con i capelli diversi. La loro è un’amicizia vera e sincera, delineata quasi come una storia d’amore, fatta di unioni ed inevitabili separazioni, di confidenze e lunghi dialoghi sdraiate sul letto, nella consapevolezza che il loro rapporto non potrà finire (“siamo come una coppia lesbica che non fa più sesso”). E alla fine sarà anche in grado di trovare la propria strada, diventare  adulta e, cosa non meno importante, di trovare un un appartamento in cui finalmente poter mettere il suo nome sulla cassetta della posta.

Nel delineare questa realtà e questa condizione di perenne inadeguatezza Baumbach, adotta uno stile che procede per frammenti, aderendo empaticamente alla materia narrata, sempre in equilibrio tra rassegnazione, malinconia e insondabile energia vitale. Guardando sia al cinema di Woody Allen, sia soprattutto alla Nouvelle Vague: Truffaut ( i riferimenti a Jules e Jim), Rohmer e le musiche di Antoine Duhamel e Georges Delereu. Gran parte dei meriti per la il successo artistico del film sono dovuti all’interpretazione di Greta Gerwing (compagna nella vita di Baumbach), perfetta nel rendere la complessità di un personaggio che si trova bloccato in un limbo. La donna figura anche come co-sceneggiatrice del film, nel quale inserisce delle note autobiografiche: come lei anche Frances viene da Sacramento ( luogo in cui vivrà anche la protagonista di Lady Bird, suo secondo lungometraggio), in più i genitori della protagonista sono i veri genitori dell’attrice.

Frances Ha, realizzato nel 2012 (presentato in numerosi festival tra cui Telluride, la Berlinale e il Torino Film Festival), è uno dei migliori film indie degli ultimi anni ed è tra le più riuscite opere appartenenti a quel sottogenere del cinema americano indipendente conosciuto come il Mumblecore. Il film, uscito sugli schermi italiani con 2 anni di ritardo, è ora disponibile su Amazon Prime Video.

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