#ROMAFF15: True Mothers, la recensione

Direttamente dal Festival di Cannes arriva in Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma True Mothers (trailer), il nuovo dramma familiare della regista giapponese Naomi Kawase: una storia che racconta le mille sfaccettature della genitorialità. Da una parte c’è una coppia che non riesce ad avere figli ma che li vorrebbe tanto e dall’altra c’è una giovane ragazza, sedotta e abbandonata, che, dopo aver messo alla luce il proprio bambino, non può mantenerlo. Ad unire queste anime sofferenti c’è Baby Baton, un’associazione per ragazze madri che decidono di lasciare il proprio figlio perché impossibilitate a crescerlo.

Un bambino di pochi giorni diviso tra la propria madre naturale, colei che lo ha generato, e quella che diventerà la madre che lo crescerà. Un incontro, un fiume di lacrime e un biglietto dato dalla piccola Hikari a Satoko. Il piccolo Asato per sette anni non vedrà mai Hikari ma se la immaginerà come la “mamma di Hiroshima”. Così, infatti, Satoko e suo marito Kiyokazu avevano deciso di cominciare a spiegare al bambino di essere stato adottato. Per sette lunghi anni tutto è andato come doveva andare fin quando il desiderio di riavere il proprio bambino si accende nel cuore di Hikari che, dopo aver trovato il numero della famiglia di Satoko, inizia a fare delle chiamate senza però aver mai il coraggio di parlare. Un coraggio che alla fine esce fuori convincendo la giovane ad affrontare faccia a faccia i genitori adottivi.

La Kawase racconta per filo e per segno agli spettatori come si è arrivati a quell’incontro attraverso dei flashback che rivelano la sofferenza che ha portato i coniugi a decidere di adottare il bambino ma soprattutto mostrano allo spettatore il motivo per cui la giovane Hikari abbia dovuto lasciare suo figlio. Passato e presente si intrecciano in una maniera molto abile permettendo allo spettatore di unire i tasselli di questa storia che la Kawase racconta unendo due dimensioni: l’Oriente rappresentato dalla dolcezza della natura e allo stesso tempo da un rigido modello educativo e l’Occidente rappresentato dal cambiamento visibile di Hikari che, persa la sua acconciatura da bambina e con del trucco sul viso, è diventata una donna diversa che, a stento, verrà riconosciuta da Satoko.

Due mondi quelli di True Mothers che la Kawase unisce tramite la tematica universale della maternità nella dicotomia tra l’essere madre e il sentirsi madre, due dimensioni che soltanto alla fine riusciranno ad unirsi quando Asato conoscerà la sua mamma di Hiroshima. Come per lo yin e per lo yang, la Kawase completa l’archetipo della madre facendo incontrare al figlio le due donne ed esaudendo il desiderio di Hikari di non essere cancellata. Perché nessuno ha diritto ad essere dimenticato.

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