#ROMAFF15: The Jump, la recensione

the jump

Durante il secondo giorno della quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, ha debuttato al My Cityplex Europa, uno dei diversi luoghi della manifestazione, uno dei film sorpresa della Selezione Ufficiale per la sua capacità di unire passato e presente facendo compiere allo spettatore un “salto” continuo tra le due dimensioni. È proprio The Jump il titolo dell’opera della regista lituana Giedrė Žickytė che, senza essere banale, è riuscita a costruire un film su un argomento ancora oggi molto delicato: gli anni della Guerra Fredda e del conflitto USA-URSS.

È la storia del marinaio Simas Kudirca a guidare lo spettatore all’interno delle dinamiche politiche di quel momento storico che la regista racconta attraverso la viva voce dei protagonisti della vicenda e dei filmati d’epoca. Kudirca è un marinaio lituano che decide di approfittare di un incontro tra due pescherecci delle due potenze per cercare di dare una svolta alla sua vita: fuggire dall’Inferno dell’oppressione sovietica per andare verso le porte del paradiso americano. Un salto, pochi secondi e la sua vita sarebbe potuta cambiare ma proprio quando sembra avercela fatta gli americani rifiutano di dargli asilo politico per evitare un incidente diplomatico condannando Simas alle prigioni russe.

Il merito della regista è quello di aver dato in The Jump una forma, dei volti, e dei corpi alle parole, ai gesti e alle emozioni di Simas che, dopo quasi 50 anni, è ritornato a raccontare questa storia che assomiglia a quella di un Ulisse moderno o forse a quella di un nuovo Eroe dei Due Mondi e che è diventata uno dei motivi delle proteste per la liberazione dei paesi baltici e per il riconoscimento, in ogni caso, dell’asilo politico. Si potrebbe addirittura dire che il salto di Simas abbia fatto nascere uno dei primi casi di messa in atto della politica di distensione tra le due grandi potenze. Oltre alla testimonianza di Simas, non sono mancate quelle dei componenti della Vigilant, l’imbarcazione americana, dell’ufficiale del KGB che ha interrogato Kudirca, delle donne che si sono adoperate per la sua scarcerazione fino alla testimonianza dell’allora Segretario di Stato USA Henry Kissinger.

Quella del marinaio lituano è una storia che è rimasta impressa nel cuore di chi l’ha vissuta in quegli anni e Giedrė Žickytė con questo film ha saputo restituire agli spettatori quelle stesse sensazioni di vicinanza e affetto verso un uomo che ce l’ha fatta raggiungendo quello che considerava il suo Paradiso, gli Stati Uniti d’America. Dalle interviste e dai filmati del suo arrivo vediamo un uomo semplice trasformato in eroe, circondato da tanta ricchezza, da un mondo troppo diverso e lontano da lui. Ora, infatti, Simas è tornato in una Lituania libera ma che, come tutti gli altri paesi Satelliti del blocco orientale sarà sempre memore di quello che il marinaio ha definito “Dante’s Inferno” riferendosi all’oppressione del regime sovietico.

Nel seguire questa storia lo spettatore non può fare a meno di emozionarsi, di sentirsi come Simas e di ritornare con la mente a quegli anni oppure di provare a viverli per la prima volta, di compiere dunque un salto verso un mondo passato o inedito. È questo il merito della Žickytė: raccontare con The Jump un periodo storico, raccontare due mondi attraverso la vita di un uomo che li ha vissuti entrambi. Un modo di rivivere la Guerra Fredda decisamente inedito ma forse quello più attuale che riesce a far capire come, mutatis mutandis, ci sarà sempre la storia di un Simas da raccontare.

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