ROMAFF11 – GENIUS, QUANDO L’ARTE SI ISPIRA ALLA VITA

Titolo originaleGenius

Regista: Michael Grandage

Anno: 2016

Durata: 104’

Nazionalità: Stati Uniti d’America, Regno Unito

Cast: Colin Firth, Jude Law, Nicole Kidman, Laura Linney, Guy Pearce e Dominic West

L’Arte insegue da sempre il desiderio di imitare la Vita. Rincorrendo l’utopia di una millimetrica imitazione approssimata al dettaglio, nella speranza di azzerare quella distanza tra realtà e fictional, si trova la base dell’alchimia magica che rende possibile la Settima Arte. Proprio per tale ragione realizzare un biopic è già di per sé una vera impresa. Figuriamoci quando un solo film sceglie di caricare sulle proprie spalle l’onere – e l’onore – di evocare (come un negromante) gli spettri famosi di Thomas Wolfe e Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, del loro editor Max Perkins e della costumista Aline Bernstein. Tutto un minuscolo atollo galleggiante nel mare aperto della Cultura, della Letteratura, del Mito e della Storia.

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Nel film Genius – presentato in anteprima durante la scorsa edizione della Festa di Roma 2016 – il regista Michael Grandage focalizza l’attenzione della sua macchina da presa sull’intensa relazione tra l’editor letterario Max Perkins (Colin Firth) e il genio della letteratura Thomas Wolfe (Jude Law). Precursore, innovatore, talento irrequieto e ribelle, Wolf con la sua prosa mista a poesia, così personale e completamente slegata dalle logiche del mercato editoriale, ha ispirato i cantori della Beat Generation. Perkins lavorava per la casa editrice americana Charles Scribner’s Sons e aveva scoperto talenti come Hemingway e Fitzgerald. L’incontro con Wolfe fu una rivoluzionaria folgorazione, un feeling immediato e travolgente che lo convinse ad investire tempo e denaro nel lavoro del giovane scrittore, il quale comporrà nel giro di pochi anni capolavori immortali come Angelo, Guarda il Passato e Il Fiume e il Tempo, prima di spegnersi rapidamente a 38 anni.

Genius non è un prodotto innovativo dal punto di vista della “confezione”: è uno spettacolo tradizionale, il classico biopic rassicurante che ripercorre la carriera straordinaria di un mito indugiando nella sua sfera privata e ripercorrendone vita, morte, miracoli e opere. Si tratta piuttosto di un film “di interpretazioni”, che respira e si nutre del talento pulsante e caleidoscopico dei propri interpreti: un istrionico Law sopra le righe, un misurato e melanconico Firth, un vigoroso West e un laconico Pearce – quanto glam nonostante le poche battute. Anche le donne non sono da meno. Sia la Linney che la Kidman gareggiano in bravura con i loro ritratti dolenti di donne, mogli e amanti dimenticate, trascurate e ormai disincantate nei confronti dei loro uomini. Ma Genius riesce a superare tutto questo, non solo regalando allo spettatore una piacevole “distrazione” nella quale immergersi, ma soprattutto puntando la propria attenzione su un aspetto insolito per il mondo della narrazione mainstream: il ruolo tra editor e scrittore, il legame inscindibile che si crea tra le due figure e il contributo fondamentale che l’uno apporta all’altro. La figura dell’editor esce dal proprio cono d’ombra per illuminarsi di luce propria, dimostrando il ruolo fondamentale che ricopre nella genesi, nascosta, di qualunque grande capolavoro.

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