Phoebe Waller-Bridge tra comedy e post-comedy

Phoebe Waller-Bridge attualmente è tra le penne più interessanti e non solo della scena britannica, difatti in questi giorni abbiamo avuto modo di vederla trionfare agli Emmy, con tre statuette personalmente vinte da lei, per la serie Fleabag (disponibile su Amazon Prime Video, qui il trailer) che ha ideato, scritto e interpretato e per la quale si porta a casa anche una quarta statuetta per la regia. Se tutto ciò non dovesse bastare, possiamo aggiungere alla lista anche il premio vinto dalla protagonista di Killing Eve, serie sempre firmata Waller-Bridge. Parlare di grande successo non è dunque iperbolico, e per farlo non c’è neanche bisogno di mettere sul piatto la serie che le è stata commissionata da HBO, o il prossimo film di 007 che dovrà sceneggiare.

Tutto ciò ha inizio nel 2016, è infatti quello l’anno in cui scrive e interpreta Crashing (serie disponibile su Netflix, qui il trailer) e che scrive e interpreta anche la prima stagione di Fleabag, che altro non è se non l’adattamento di un suo spettacolo con il quale ha continuato a riempire i teatri inglesi anche dopo l’approdo in televisione. A prima vista possono sembrare due serie molto simili: 6 episodi da circa 25 minuti, protagonisti sui trent’anni alle prese con i normali problemi della vita, Phoebe Waller-Bridge che interpreta un personaggio che per quanto simpatico è indubbiamente negativo. In realtà, nonostante la loro impostazione abbia sicuramente molto in comune, sono due serie diversissime.

Crashing è un prodotto corale, che riflette sui problemi di una città come Londra, nonostante la metropoli sembri restare sullo sfondo e i personaggi non interagire mai con essa. Non stupisce che l’anno fosse il 2016, lo stesso del referendum sulla Brexit. La serie si concentra sulla vita dei “property guardians”, ovvero persone che vivono in strutture abbandonate, il cui compito è quello di proteggere le suddette strutture da occupazioni. Il tutto pagando un affitto che per quanto irrisorio, si accompagna ad una lista di regole da dover rispettare e soprattutto al rischio di essere sfrattati in qualunque momento e con pochissimo preavviso, obbligando gli inquilini a vivere in una continua condizione precaria, ironicamente e metaforicamente messa in evidenza da Waller-Bridge tramite mensole, lampadari e altri oggetti di uso comune che cascano o si rompono di continuo.

I protagonisti sono un improbabile ed eterogeneo gruppo di amici che abita in un ospedale e il cui già instabile equilibrio viene scosso ulteriormente dall’arrivo dell’ancora più instabile Lulu (Phoebe Waller-Bridge), che con il suo ukulele sembra essere l’unica ad apprezzare questo stile di vita, se si esclude l’immancabile artista francese, la quale presenta tutte le caratteristiche stereotipiche del caso. Proprio sugli stereotipi va a giocare Crashing, quasi a dirci che chiunque potrebbe trovarsi a vivere in condizioni simili, persino un agente immobiliare, che pur vendendo case non ne ha una per sé. Tutto questo viene soltanto lasciato velatamente intendere allo spettatore, che invece si trova travolto da situazioni paradossali, che a volte rischiano di valicare il limite dell’assurdo, ma che non lo fanno mai grazie alla capacità di scrittura di Phoebe Waller-Bridge, perfettamente in grado di contestualizzare anche la situazione più incredibile. Il risultato è una serie comedy genuinamente divertente e spensierata, nonostante il milieu in cui si svolge.

Per quanto Crashing sia un’ottima serie, con Fleabag si sale di livello. I toni cambiano, i temi cambiano. Si passa dalla comedy alla post-comedy, infatti con Fleabag indubbiamente si ride, perché Waller-Bridge è bravissima a farlo fare, ma sembra non essere quello l’obiettivo principale della serie. Soprattutto nella seconda stagione, un ulteriore avanzamento di livello. Uscita nel 2019, a ben tre anni di distanza dalla precedente, questa seconda stagione non ha quasi nulla a che fare con la prima. Pur essendo la stessa serie, con le ultime sei puntate si alza nuovamente l’asticella e non solo grazie ad Andrew Scott, new entry nel cast.

Cast che sin da subito gode della presenza del premio oscar Olivia Colman in tempi ancora non sospetti. Colman è la matrigna della protagonista che ovviamente è interpretata da Waller-Bridge e di cui non ci è dato conoscere il nome. È sulla vita di quest’ultima che si concentra Fleabag, una vita costellata da lutti, relazioni e familiari disfunzionali e dagli immancabili problemi economici, immancabili soprattutto in una Londra sempre più cara. Questa vita noi spettatori la seguiamo da vicino, così da vicino che già nei primi dieci secondi la protagonista comincerà a parlarci e da allora non smetterà più. Una delle cose più interessanti di questa serie è proprio la costante interpellazione da parte di Phoebe Waller-Bridge. È infatti grazie ad essa che nasceranno la maggior parte dei momenti comici, considerando anche che più la serie procede meno comica in senso tradizionale diventa, raggiungendo picchi di drammaticità tra la fine della prima stagione e l’inizio della seconda.

Se Crashing andava a raccontare la storia di un gruppo di giovani adulti alle prese con la vita, Fleabag racconta la storia di una giovane donna alle prese con se stessa. Eppure così facendo riesce perfettamente a parlarci della vita, perché in qualche modo il ritmo della serie stessa, il suo andamento, è come la vita: pieno di alti e bassi, più bassi che alti, intessuto di momenti piacevoli e tristi e di momenti tristi che si riesce a rendere più piacevoli soltanto inventandosi qualcosa. Esattamente come la protagonista, che per superare e sopportare tutto quanto inventa un pubblico immaginario con il quale poter parlare e così facendo ci parla, contribuendo a creare quasi quella complicità tra due vecchi amici, quella grazie alla quale per capirsi spesso basta solo uno sguardo, in questo caso uno sguardo in macchina. Dalla visione di queste due serie risulta chiara l’inclinazione di Phoebe Waller-Bridge a parlare metaforicamente tramite gli oggetti. L’oggetto “parlante” in Fleabag è una statuetta raffigurante il corpo di una donna e visti i tre premi vinti recentemente, questo assume una sfumatura profetica. Non ci resta che attendere le prossime sceneggiature firmate Waller-Bridge, la quale finora si è dimostrata perfettamente in grado di scrivere ottimi personaggi femminili, soprattutto se questi personaggi era lei ad interpretarli. Perciò chissà cosa aspettarsi dal prossimo 007.

Ti potrebbero piacere anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ho letto la privacy policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi del Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs. n. 196 del 2003 cosi come novellato dal D.Lgs. n. 101/2018.