LA MADRE DEL CORDERO

La madre del cordero mi è sembrata la cosa più vicina al cinema che abbia visto negli ultimi anni, una sapiente miscela di vecchio cinema e nuovo cinema, vecchie modalità e nuove espressioni che insieme danno al film e ai suoi due giovanissimi registi un futuro molto interessante. Si perché il duo, e ci tengo a sottolinearlo , Rosario Espinosa e Enrique Farìas è nato quando la Storia aveva già cancellato Il Muro, hanno meno di venticinque anni insomma e questo aggiunge un ulteriore valore ad un film che rimanda continuamente ad immaginari immensi, un film che che va pensato ed elaborato. Una donna incatenata con doppia mandata a diversi tipi di rapporti: un uomo, Sigmundo, due donne, la madre e una sua cara amica del liceo. Meno di 90 minuti portano all’estremo questi rapporti, tutti questi rapporti, e nella migliore delle tradizioni fassbinderiane gli amori e i sentimenti si rivelano per quello che sono: uno scambio e una compravendita di beni e servizi. La madre vuole comprare la sua compagnia e il suo amore, in cambio offre normalità e un tetto sulla testa. L’amica vuol comprare il suo sesso o il suo amore, poco importa e l’uomo vuole comprare e basta, vuole soldi. L’uomo per l’appunto (sopratutto quando mosso dalla voracità di soldi e sesso) nella migliore delle tradizioni fassbinderiane è un’idiota e qui la migliore tradizione viene rispettata. Una Martha dei giorni nostri, una figura di donna che si muove negli anfratti di una vita che arrivata a 50 anni è avvelenata dai rapporti sociali e non trova anfratti sicuri in nessuno se non in una confessione continua di peccati al padre confessore.

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La chiesa e la fede svolgono un contorto ruolo che fa da valvola di sfogo, un rifugio nella fede appare, per modo di dire, un rifugio invisibile, quasi un rifugio trascendentale perché non c’è pace in terra per chi vuole vivere un rapporto, che sia d’amore o d’amicizia. La madre dell’agnello è un film che costruisce immaginari potenti e lo fa grazie ad inquadrature e luci sapientemente miscelate e dosate, una regia che nella maggior parte dei casi sa dove mettere punto di vista ed un gruppo di attori (già molto conosciuti in Cile e questo la dice lunga sul nostro sistema di Reference Sistem) che ha senza dubbio fatto un buon lavoro sui personaggi e sul corpo. Diceva un certo Douglas Sirk che “non è possibile fare film SU una cosa bensì solo CON qualcosa, con la gente, con la luce, con i fiori, con gli specchi ( a proposito di Martha) con il sangue e con tutte queste cose che rendono la vita degna di essere vissuta.” La madre del cordero è un film CON qualcosa, e vederlo proverà a chiarirvi ogni dubbio. Anzi provo subito a chiarire che secondo me non è un film SU la sessualità, non è un film SU la madre e la morale matriarcale. Contro: Ci sono dei contro, o probabilmente mi son fatto influenzare da qualche recensione. Molto scontata la sceneggiatura dice qualcuno, probabile, lo rivedrò ma dico che i due miei coetanei registi cileni nell’ottica di un cinema “nuovo” hanno sapientemente fatto quello che la storia ci insegna da anni e che noi facciamo difficoltà ad intendere: un film nuovo se non è vecchio dentro non sarà mai nuovo.

Andrea Pelliccia

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