Il suo ultimo desiderio, il cinema d’inchiesta su Netflix

Il suo ultimo desiderio

Quello del giornalismo d’inchiesta è un genere cinematografico spesso ignorato. Forse, a ispirarne il ritorno tra le tendenze del momento è stato Il caso spotlight, il cui successo ha probabilmente contribuito nell’organizzare una produzione che si occupasse di girare l’adattamento cinematografico del romanzo del 1996 di Joan Didion, Il suo ultimo desiderio.

Dietro al film (trailer), come co-produttrice, co-sceneggiatrice e regista, c’è Dee Rees, autrice fedele soprattutto ai suoi personaggi femminili. Infatti, al centro di Il suo ultimo desiderio c’è Elena McMahon (Anne Hathaway), una giornalista inflessibile, sarcastica, intelligente, una donna mutilata da un cancro al seno e una mamma premurosa. Il film la circonda di uomini: il suo caporedattore la assegna alla campagna presidenziale di Ronald Reagan (il film è ambientato negli anni Ottanta), così vediamo Elena salire sull’aereo riservato ai giornalisti, sono tutti uomini. Lei è frustrata per non poter seguire l’inchiesta contro un potente esponente governativo, mentre suo padre (Willem Dafoe), dopo essere stato assente per tutta la sua vita, ritorna per chiederle aiuto in un affare illegale. Elena riconoscerà l’opportunità di scrivere un pezzo sugli affari illeciti del governo statunitense, così partirà per un viaggio rischioso. A un certo punto dirà: «Sono venuta per mio padre e rimasta per la storia».

Il suo ultimo desiderio inizia con le migliori intenzioni: mostra immagini di repertorio con il chiaro intento di gettare le basi per un film d’inchiesta senza inibizioni. Elena, in un monologo fuori campo, provoca lo spettatore, gli (e si) chiede incazzata «Chi ha ignorato i vivi?», provando a ragionare sul torpore politico alimentato dall’avidità dell’uomo. Quindi il ritmo del film è incalzante, almeno all’inizio, poi dal secondo atto in poi il genere cambia e si orienta verso il thriller. A questa svolta corrisponde anche un cambiamento svantaggioso, come se la sceneggiatura perdesse il controllo della storia.

Il genere d’inchiesta è per natura difficoltoso, poiché è importante chiarire ogni passaggio allo spettatore in modo che non si perda mai la bussola. Il suo ultimo desiderio, invece, si sottrae a molti chiarimenti e decifrazioni, per questo motivo appare confusionario, a tratti anche frettoloso, e gli sviluppi quindi diventano incomprensibili e faticosi da seguire. In questo modo, il film perde di ogni mordente interessante, da quelli innescati dal soggetto iniziale, ormai perduti negli sviluppi thriller, ad alcune scelte registiche affascinanti, soprattutto in alcuni movimenti di macchina. Il risultato è dimenticabile senza sforzo, perché alla fine lascia sensazioni sgradevoli, per colpa di un plot disordinato e insipido.

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