Il meglio deve ancora venire, la recensione: la commedia che vuole riflettere

il meglio deve ancora venire

Basta farsi un giro nei festival di arte cinematografica per scoprire la considerazione di cui dispone il genere della commedia. Il cinema ha ereditato dalla storia del teatro greco la considerazione che il pubblico di massa concede ai vari generi, in particolare il dramma e la commedia. Quindi la commedia è presto diventato un genere che non dovrebbe affrontare determinate tematiche, poiché le deprezzerebbe o addirittura le volgarizzerebbe con i sorrisi o le risate che provocherebbe nel pubblico. La storia del cinema è colma di autori che hanno rovesciato questo pregiudizio errato, e negli ultimi anni abbiamo avuto alcune dimostrazioni, in particolare nel cinema contemporaneo francese e parte del cinema italiano, grazie ad alcuni cineasti che hanno scritto commedie capaci di cimentarsi in tematiche anche impegnative raccontate da storie divertenti, senza che queste sminuissero il contenuto. La coppia di sceneggiatori e registi Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte sono tra questi cineasti.

L’inizio di Il meglio deve ancora venire (qui il trailer) sembra un manuale di sceneggiatura: in pochissimi minuti il pubblico ha inquadrato caratterialmente i due protagonisti. Arthur (Fabrice Luchini) è un ricercatore e professore universitario che insegue per chilometri un’automobilista perché si è accorto che non utilizza correttamente le frecce di posizione, quindi vuole avvisarla della pericolosità della sua disattenzione. L’altro è César (Patrick Bruel), un uomo menefreghista e scaltro che subisce un pignoramento di beni per i propri debiti, ma tenta in tutti i modi di non farsi sequestrare l’auto, giurando sui figli che non ha e nominato una madre morta da tanto tempo. I due, così diversi, chissà come (se lo chiedono anche loro) sono amici affiatati. Per un equivoco, Arthur riceverà una radiografia di César che evidenzia una forma tumorale in fase terminale. Anziché confessare tutto a César, Arthur fingerà di essere lui quello malato, scatenando così preoccupazione e apprensione da parte dell’amico, che si trasferirà da lui per prendersene cura.

il meglio deve ancora venire

Il meglio deve ancora venire è una commedia che parte da una notizia drammatica, appunto la malattia terminale, tuttavia non perde nessuna occasione per far sorridere lo spettatore. Il merito è della scrittura brillante, del ritmo incalzante che fa susseguire scene su scene divertenti, ma soprattutto dei due attori protagonisti, praticamente impeccabili nelle loro parti. Proprio grazie a loro due, il film riesce a esprimere quel rapporto di amicizia tanto importante nel plot: un’amicizia maschile amorevole come se ne vedono fin troppo raramente. Resteranno impressi gli sguardi teneri, morbidi, malinconici, che ognuno rivolgerà al proprio amico, entrambi nella consapevolezza (una sbagliata, l’altra giusta) che sta per morire.

La Patellière e Delaporte si avvalgono della fine ormai incombente della malattia terminale per mettere i loro personaggi di fronte a quelle insoddisfazioni che da anni non riescono ad affrontare. Arthur fa i conti con la pesantezza del suo carattere, la quale ha esortato la ex moglie a lasciarlo; César invece fa i conti con il suo passato e quel rapporto interrotto con il padre. Però, prima di affrontare l’inevitabile contraccolpo drammatico, soltanto rimandato dal plot divertente, Il meglio deve ancora venire riesce a gestire con leggerezza gli argomenti che tratta. Ci sono gag comiche di ogni tipo e su ogni argomento: quindi il padre di César diventa un pretesto per creare un’esilarante scena comica con un prete, mentre la pesantezza di Arthur diventa una paura costante di lasciarsi andare che crea siparietti divertenti.

Il meglio deve ancora venire perde parte del proprio fascino nell’ultimo atto, proprio quando ritorna inevitabilmente l’elemento drammatico, tuttavia questo rinculo non riesce a rovinare la visione di un film divertente dal ritmo impeccabile. La colpa dell’ultimo atto è quella di essere a tratti approssimativo, poiché non riesce a schivare il lieto fine a ogni costo. Però nonostante ciò il film centra il suo obiettivo di essere una commedia capace di trattare con leggerezza argomenti anche abbastanza impegnativi, senza rinunciare né alla riflessione né alla risata.

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