Hannah Gadsby: Douglas, la recensione del film su Netflix

Douglas

Nel 2018 Hannah Gadsby lancia una bomba su Netflix, si chiama Nanette ed è una stand-up comedy con la quale sconvolge sia l’utenza che lo status quo del genere, imponendosi definitivamente nel panorama internazionale, anche grazie alla risonanza offerta dalla piattaforma di streaming, come una tra le voci più innovative e coraggiose del settore. Con Nanette infatti Gadsby salpa verso i lidi della post-comedy e consapevole di questo, annuncia proprio durante lo spettacolo di volersi lasciare alle spalle un certo modo di fare stand-up, un certo tipo di comicità. Eppure l’avvertimento non basta a preparare lo spettatore, colto completamente in contro piede nel momento in cui sono le lacrime a sopraggiungere al posto delle risate.

A due anni di distanza da Nanette arriva invece, sempre su Netflix,  Douglas (trailer), dove Gadsby sorprende tutti di nuovo, stavolta però giocando a carte così scoperte da anticipare esattamente tutto ciò che succederà durante il quarto d’ora che precede lo show, “quello vero”. Quarto d’ora nel corso del quale la comedian prepara il terreno per quella che sarà l’ora successiva, un’ora assolutamente priva di colpi di scena, a differenza di quanto accadeva nello show precedente, così ricco di tensione da sfociare quasi nella suspence. Per capire l’enorme differenza tra i due spettacoli non serve neanche arrivare fino a quel punto in realtà, basta leggere le etichette che Netflix utilizza per definirli: “spiritoso, profondo, emozionante” Nanette, e “spiritoso, irriverente, stand-up” Douglas. Che il termine “stand-up” manchi nella descrizione di Nanette non stupisce affatto, stupisce quasi di più trovarlo nella descrizione del nuovo lavoro di Gadsby. Che fosse tornata sul selciato?

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Assolutamente no. Benché i toni siano sicuramente più convenzionali, la tematica e soprattutto la modalità con la quale viene esposta, certamente non lo sono. Douglas infatti parla di autismo. È una stand-up con la quale Hannah Gadsby, comunicando al suo pubblico la recente diagnosi, si spinge oltre e tenta di spiegare il modo in cui il suo cervello lavora, prende per mano gli spettatori e li trascina all’interno di quello che potrebbe essere ed è un suo ragionamento tipico, trasformando l’intero show in una metafora. È una stand-up comedy difficile, meno immediata e diretta di quanto fosse Nanette, che rischia anzi di lasciare sgomenti proprio coloro che si aspettavano qualcosa di più simile al lavoro precedente. Gadsby, dimostrando padronanza espressiva del mezzo, nonché una buona dose di furbizia, gioca dunque di anticipo, mette le cose in chiaro perché questo spettacolo è il suo “difficile secondo album, ma allo stesso tempo il decimo e il primo per qualcuno”.

La comedian decide di affrontare tutto ciò e in particolare il nuovo pubblico arrivato dopo il successo del primo originale Netflix, raccontando un altro aspetto delicatissimo della sua storia personale, facendosi conoscere ed esponendosi sempre di più. È pressoché impossibile infatti non sentirsi ulteriormente legati a lei alla fine della visione, tanto che lo spettacolo si conferma pian piano essere quello che, a detta della stessa autrice, è: una romantic comedy della quale è lei a scandire i tempi, costellata dalle immancabili “frecciatine al patriarcato”, che premia i perseveranti, chi non si ferma alle apparenze, alle prime impressioni, mettendo addirittura in palio una battuta su Louis C. K..

Durante quel quarto d’ora iniziale Hannah Gadsby preannunciando, “spoilerando” il suo stesso spettacolo, non aggiusta semplicemente le aspettative delle persone che le stanno di fronte (fisicamente e non) in maniera tale da rispettarle, ri-comincia anche a sovvertire, a riscrivere le regole di un settore che per troppo tempo le è andato stretto. “Don’t blame me, I didn’t write the rules of comedy. Men did.” E per questo, di stand-up in stand-up, Gadsby rinnovando se stessa rinnova anche la comedy, in questo caso specifico ribaltandone interamente la struttura classica. Difatti sebbene Douglas ad un primo stadio possa sembrare meno provocatorio rispetto a Nanette, non lo è poi così tanto, perché per la seconda volta (almeno su Netflix) Hannah Gadsby sale su un palco e fa quello che vuole come vuole.

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