45 ANNI – IL FILM CHE HA STREGATO LA BERLINALE

Arriverà nelle sale italiane il prossimo 5 Novembre 45 Anni, il terzo lungometraggio del regista Andrew Haigh, già autore del premiato Weekend e che, con la nuova pellicola, ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti alla 65esima edizione del Festival di Berlino (entrambi i protagonisti della pellicola, Charlotte Rampling e Tom Courtenay hanno vinto un Orso d’Argento per la migliore interpretazione).
45 Anni è uno spiraglio aperto sulla sfera sentimentale di una coppia matura – quella composta da Geoff e Kate – ad un passo dal loro quarantacinquesimo anniversario di matrimonio. Quarantacinque anni condivisi insieme, tra gioie e dolori, alti e bassi, che vengono riscritti nell’arco di una settimana dopo il ritrovamento del cadavere della prima fidanzata di Geoff, morta tra i ghiacciai impervi della Svizzera. La presenza di questo ectoplasmatico “terzo incomodo” spinge entrambi a rivedere il loro passato recente, alla luce dei nuovi inquietanti segreti che la scoperta porta con sé.

45 Anni 3

Il film è un esempio di kammerspiel, un dramma d’interni che vive delle contraddizioni che emergono dalle parole dei due coniugi protagonisti; la simmetria perfetta con cui Haigh tiene in equilibrio spazio, tempo e dramma risente di una matrice teatrale-aristotelica, che appesantisce la narrazione imprigionandola in un formalismo asfissiante, legato all’impostazione inglese. Quest’ultima fondamentale a livello culturale anche per raccontare l’incomunicabilità emotiva che regna tra due coniugi di vecchia data, raggelando la dimensione, gli ambienti e le relazioni tra i personaggi e condannandoli a muoversi tra le pareti domestiche o tra le vie di una cittadina come fantasmi in un dramma a tappe di Strindberg: anche qui la scansione temporale è marcata da tableaux neri con impresso, lapidario, il giorno della settimana in cui accadono determinati eventi, le tappe che li separano dal loro anniversario. Il concetto del tempo è un’altra chiave di lettura del film: lo scorrere degli anni, il passato che influenza le scelte del presente e in qualche modo torna, prepotentemente, a far sentire la sua voce, come a voler rivendicare dei diritti di proprietà su chi, nel frattempo, ha trovato il coraggio di cambiare strada: è in qualche modo una metafora per descrivere il curioso triangolo che si crea tra Kate, moglie devota e ferma sulle sue storiche certezze coniugali, suo marito Geoff, anche lui fermo su scelte e decisioni maturate nel “passato remoto” della sua vita, e Katya, l’ingombrante terzo incomodo che in realtà, con l’assenza della sua presenza, serve a scardinare quei quarantacinque anni di incrollabili decisioni prese senza rimpianti, rimettendo tutto in gioco anche se la boa dell’età delle certezze è stata ormai aggirata da molto, troppo, tempo.

Non si può ripetere il passato, scriveva F. Scott Fitzgerald nel suo capolavoro Il Grande Gatsby: almeno finché gli spettri che lo hanno popolato non tornano a farsi vivi, bussando alla porta della memoria.

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